Ferdinando di Ruccello, teatro a più colori

Il napoletano in Ferdinando non è solo una lingua. Per la baronessa donna Clotilde è una rivendicazione, un modo per affermare la superiorità della sua classe sociale ancora legata ai Borboni. È un modo per sottolineare il disprezzo rispetto a quella borghesia – siamo nel 1870 – che si sta affermando con la nascita dell’Italia. Così lo dice subito a Gesualda che accenna una parola in italiano: non voglio che si parli in italiano, la lingua degli usurpatori. Ma anche la lingua che la fa sentire ormai lontana da quella realtà che non sente più sua. La fa sentire inopinatamente fragile.

Ferdinando è il dramma scritto da Annibale Ruccello nel 1985 e andato in scena con Isa Danieli nel ruolo di Donna Clotilde. Ora l’autore campano, morto a 30 anni in un incidente automobilistico, è considerato un classico della drammaturgia napoletana.

All’apertura del sipario al Teatro Carcano fa da colonna sonora la frettolosa recita in latino di un rosario. Al centro della scena, inclinata per una perfetta visione, frontale troneggia un grande letto. Qui è la baronessa Donna Clotilde: molto malata, si proclama lei. Ad assisterla è la cugina Gesualda. Come sia trattata (e schiavizzata) appare subito chiaro, quando la sentiamo chiamare «zoccola». Terzo lato di questo triangolo, che poi si scopre non avere solo motivazioni religiose, è il parroco Don Catellino. Ossequiente, ma anche ironico nei confronti di questa malata, che gioca a farsi credere moribonda. A sconvolgere la situazione arriva Ferdinando, nipote di Donna Clotilde. Giovane e bello, pieno di energia destabilizza tutti. Improvvisamente Donna Clotilde non è più malata (anzi).

Non meno scosso da questa apparizione è Don Catellino. Ha un rapporto nascosto, ma di chiara lunga durata, con Gesualda, ma è sempre meno insensibile al fascino di Ferdinando. Lo veste da Arcangelo Gabriele, con lunghe ali bianche, per preparare un dramma natalizio in onore di Clotilde. Che, a sua volta, accusa Don Catellino, ma più in generale tutti i preti, di vivere le confessioni come momenti di pettegolezzo.

La situazione diventa incandescente, quando la gelosia incontra il senso di colpa e affiora il ricatto e tutto prende il sapore di nocillo. Le svolte e le sorprese diventano più di una, con note anche gialle. Il dramma assume così più colori tra religiosità e carnalità. E’ storia di risvegli da assopimenti non solo sessuali, storia di voglie e vendette, di solitudini e sopraffazioni. Storia di amori cercati e fraintesi. Vede in scena donne estreme, forti nonostante tutto, fondamentalmente sole, che si raccontano come vorrebbero essere, ma pronte a resistere. E’ anche storia di una borghesia che si vuole liberare di una classe nobiliare attaccata al passato, rappresentato dai Borboni. Un evento a cui quest’ultima non può opporsi.

In una scenografia sufficientemente claustrofobica, che, con colori cupi, tratteggia questa atmosfera ancora attaccata al passato, ben si muovono gli attori, sempre presenti in scena. Arturo Cirillo, anche regista, che dimostra una grande attenzione a Ruccello, a cui si sente molto vicino, ben tratteggia un ambiguo Don Catellino, che si muove tra una religiosità che sconfina nel paganesimo. Sabrina Scuccimarra, unica non napoletana, che ha dovuto imparare questa lingua, è Clotilde, una donna che sembra sgretolarsi davanti a tutti gli eventi, dura ma in realtà fragile, che alla fine reagisce per non farsi schiacciare. Anna Rita Vitolo è Gesualda, che nel corso della storia assume un ruolo sempre più rilevante. Riccardo Ciccarelli è Ferdinando, apparentemente sicuro di sé, pronto a sconvolgere tutto. E’ l’elemento destabilizzante: quanto destabilizzante? Ma chi è Ferdinando?

(Nella foto una scena da Ferdinando di Annibale Ruccello con la regia di Arturo Cirillo al Teatro Carcano)

Ferdinando

di Annibale Ruccello

con Arturo Cirillo, Sabrina Scuccimarra, Anna Rita Vitolo, Riccardo Ciccarelli

regia Arturo Cirillo

scene Dario Gessati, costumi Gianluca Falaschi, musiche Francesco De Melis, regista collaboratore Roberto Capasso

produzione Marche Teatro, Teatro Metastasio di Prato, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini.

A Milano, Teatro Carcano dal 16 al 19 novembre 2023