I due Papi, grandi attori al Teatro Menotti

All’inizio è l’annuncio per radio: sala al buio, sipario chiuso. È stato eletto Papa Ratzinger, che vediamo rivolgersi a una ipotetica folla: è l’inizio di I due Papi ora al Teatro Menotti. La pièce, costruita con una perfetta simmetria, dapprima ci fa conoscere Papa Ratzinger attraverso l’incontro con una suora. La dichiarata passione per il Commissario Rex si intreccia con considerazioni di maggior peso e la constatazione di essere reputato un Papa freddo, rigido, con poco carisma, a cui era demandato il compito di rimandare all’infinito le riforme. E a questa suora sbalordita annuncia l’intenzione di abdicare.

All’altro capo del mondo, a Buenos Aires, un cardinale ha anche lui l’intenzione di dimettersi per raggiunti limiti di età. È Bergoglio, anche lui impegnato in scena in un dialogo con una giovane suora. Ma è un dialogo che appare diverso rispetto a quello che si svolge a Roma: in questo caso affiora una maggior empatia e un senso di umanità nei confronti dei fedeli. Attraverso questo dialogo emerge il passato dell’Argentina, perché questa giovane suora ha perso entrambi i genitori desaparecidos. È una rabbia rivolta contro la giunta militare – anche se i tempi sono cambiati – per i tanti massacri, ma anche nei confronti di chi sapendo ha taciuto. A queste si aggiungono le parole che riguardano l’incontro di questa giovane suora con il convento, dove è stata mandata a 12 anni.

Il racconto va in parallelo con quello che l’altra suora fa a Ratzinger, quando parla di un convento che ora ha solo 15 suore, perlopiù straniere e come novizia solo una ragazzina cinese. È una Chiesa che sembra avere bisogno di una scossa. Ed è proprio quello che Ratzinger chiede a Bergoglio in occasione del loro incontro a Roma: uno è un Papa che pensa ad abdicare, l’altro è un cardinale che vorrebbe dimettersi. Ma è a quest’ultimo che Ratzinger chiede “Dacci una Chiesa per il III millennio, una Chiesa che sia per la gente”. È un incontro che avviene alla Cappella Sistina con alle spalle il Giudizio Universale di Michelangelo. Se fossi Papa verrei qui tutti i giorni, dice Bergoglio. Se fossi Papa, aggiunge, rivoluzionerei la banca vaticana. Le banche hanno distrutto il mio Paese.

Alla fine con quel parallelismo che contraddistingue un po’ tutta la pièce un altro annuncio radio parla di fumata bianca: è l’elezione a Papa di Bergoglio. E anche lui lo si vede di spalle, rivolto alla gente che si immagina in piazza San Pietro.

Durante la pièce sono tante le considerazioni che emergono. Alcune riguardano lo stesso testo, perché l’incontro tra i due non è raccontato dalla Storia, ma è immaginato dall’autore. Come risulta affascinante, ma impossibile, un dialogo tra i due con alle spalle il Giudizio Universale, in realtà a una altezza non raggiungibile. Così l’incontro diventa un modo per raccontare dei momenti personali, con la conclusione che non sono Dio, ma sono umani.

Parlano di peccati non tutti ugualmente noti (o storicamente riconosciuti): se Ratzinger lascia intuire di non aver condannato in modo chiaro la pedofilia all’interno della Chiesa, Bergoglio parla di non aver condannato apertamente la giunta militare in Argentina, per cercare di salvare i religiosi che lavoravano nei Barrios con la gente, una intenzione che non sempre ha avuto successo. Un peccato raccontato in scena, ma in termini non convalidati dalla Storia. Resta però per lo spettatore una considerazione con la risposta che sta appunto in quelle parole: siamo umani. Licenze storiche, ma è l’aspetto più umano quello messo a fuoco con I due Papi, che invece non dà rilievo all’operato durante gli anni di papato. Sia all’inizio che alla fine si annunciano le due elezioni: loro sono di spalle, il resto è noto.

Aldilà di queste considerazioni legate agli aspetti storici, a conquistare gli spettatori è l’interpretazione dei due attori, davvero da applauso. Non è una corrispondenza fisica (anzi), ma questo si dimentica subito, grazie alla capacità di entrambi gli attori di rendere credibili dei personaggi, che il pubblico ben conosce. Mariano Rigillo è un Bergoglio particolarmente credibile, con quel tanto di bonario che lo ha fatto amare, anche capace di ballare il tango, mentre Giorgio Colangeli è un Ratzinger più rigido, anche se con qualche tratto imprevedibile. Accanto a loro, le due suore: Anna Teresa Rossini, che dialoga con Papa Ratzinger, Ira Fronten in Argentina con Bergoglio.

(Nella foto Giorgio Colangeli – Ratzinger e Mariano Rigillo – Bergoglio in una scena di I due Papi davanti al Giudizio Universale di Michelangelo)

I due Papi

Di Anthony McCarten

Traduzione Edoardo Erba

Con Giorgio Colangeli e Mariano Rigillo

Con la partecipazione di Anna Teresa Rossini e con Ira Fronten e Alessandro Giova

Regia Giancarlo Nicoletti

Scene Alessandro Chiti; Costumi Vincenzo Napolitano – Alessandra Menè; Disegno luci e fonico David Barittoni

Durata spettacolo 105’ con intervallo

Produzione Goldenart Production – Viola Produzioni – Altra Scena – I due della città del sole su licenza di Muse of Fire Production Ltd e in collaborazione con Festival Teatrale di Borgio Verezzi

A Milano, Teatro Menotti Filippo Perego, dal 20 al 25 febbraio 2024 (Prima Milanese)