La concessione del telefono, una farsa, ma anche…

Attenzione ai dettagli. Perché La concessione del telefono dice molto di più di quanto potrebbe sembrare. E lo fa fin dal primo momento, quando si apre il sipario del Teatro Strehler: sul fondale si vede, dimensioni extra large, un documento del Ministero delle poste che riguarda la richiesta della concessione del telefono.
Siamo nel 1891 in Sicilia. Precisamente a Vigata, la cittadina immaginata da Andrea Camilleri, ambientazione di tutte le storie del Commissario Montalbano. Con cui questa pièce condivide più di un riferimento, perché in scena vediamo protagonista Alessio Vassallo, che è il giovane Mimì Augello nella serie Il Giovane Montalbano, interpretato nel ruolo del titolo da Michele Riondino (protagonista la scorsa stagione dell’intrigante Ritratto dell’artista da morto al Piccolo Teatro Studio Melato).

Nel passaggio dal romanzo alla versione televisiva e infine al palcoscenico – autori Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale anche regista – lo spettacolo assume una dimensione maggiormente di farsa. Emerge nei movimenti dei personaggi, portati agli estremi, nella recitazione più marcata soprattutto in certi momenti, oltre naturalmente alla storia. E al protagonista Filippo Genuardi (Alessio Vassallo) sempre con un outfit totalmente rosso. Si muove con un ritmo molto veloce. Lo vediamo in silhouette dietro al velatino, mentre batte a macchina la sua richiesta per la concessione del telefono, ma lo vediamo anche impegnato in attività amatorie, non del tutto convenzionali e sempre con un ritmo marcato. E vuole il telefono: perché con un collegamento dal suo magazzino all’abitazione del suocero? L’interrogativo naturalmente è destinato a risposta. Può essere una sorpresa per chi non conosce la storia, con qualche risvolto decisamente inatteso.

Con l’evoluzione dello spettacolo emerge l’importanza dei dettagli. Fin dal primo momento, quando i vari personaggi entrano in scena portando quelli che diventano dei sedili formati da carte compattate. Evocano le scartoffie in cui si imbatte il protagonista, ma certo non solo lui e ieri come oggi.

Con un altro momento, che suscita le risate degli spettatori, si sottolinea un comportamento basato sulle raccomandazioni. Si ride quando si sentono elencare superstizioni, dicerie, maldicenze che spesso fioriscono in piccole comunità, di cui Vigata è emblematica. Qui sono stati mandati dei funzionari pubblici che vengono da lontano, non siciliani: i fraintendimenti sono assicurati. Ma non si ride più – piuttosto si rabbrividisce – davanti a certe affermazioni. Una, più legata all’epoca, vede la moglie di Filippo Genuardi scontrarsi con il prete, inorridito davanti al racconto della vita sessuale della coppia, mentre afferma che la donna deve occuparsi solo di procreare. «Socialista» è il commento finale. Meno legata ai tempi – purtroppo, si può aggiungere – è l’affermazione che i tre quarti dei palermitani si trovano schiacciati tra Stato e mafia. Qui viene detto parlando di Filippo, ma nemmeno lui è immune da atteggiamenti mafiosi. Che in La concessione del telefono sono davvero tanti.

Così la storia si muove tra molti equivoci, che portano gli spettatori in un primo momento a ridere, subito dopo a riflettere su ben più che un aspetto rilevante. Mentre Pippo Genuardi, per i comportamenti fraintesi, viene bollato come sovvertivo. Socialista. Dunque un mix, che caratterizza la pièce e la sua messinscena e piace molto.

E’ anche uno spettacolo estremamente, piacevolmente colorato, come si nota al momento degli applausi finali, quando tutti i personaggi, e non solo Filippo Genuardi, appaiono con costumi vivamente colorati. È un colore che è nei costumi, ma anche, simbolicamente, nella vivacità espressiva. Piacciono anche i suggerimenti di luoghi e situazioni fatti attraverso pochi elementi. Sono le silhouettes, ma anche la finestra calata dall’alto per indicare l’ambiente familiare o le scritte che portano in ambienti diversi. E naturalmente quelle scartoffie versione sedili. Alla fine compaiono anche, calati dall’alto, i telefoni da muro. Tutto da scoprire quanto succede intorno a quei telefoni.

(Nella foto di Rosellina Garbo, Alessio Vassallo, protagonista de La concessione del telefono)

La concessione del telefono

dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri edito da Sellerio

testo teatrale di Andrea Camilleri – Giuseppe Dipasquale

regia Giuseppe Dipasquale

interpreti e personaggi

Alessio Vassallo – Filippo Genuardi (Pippo)

Franz Cantalupo – Calogero Longhitano (Don Lollò); Carlotta Proietti – Gaetanina Schillirò (Taninè); Paolo La Bruna – Emanuele Schillirò (Don Nenè); Cocò Gulotta – Arrigo Monterchi; Ginevra Pisani – Calogera Lo Re (Lillina); Cesare Biondolillo – Corrado Parrinello; Alfonso Postiglione – Vittorio Marascianno; Alessandro Romano – Ignazio Caltabiano, Agostino Pulitanò, Giacomo La Ferlita; Valerio Santi – Gesualdo Lanza (Turò), Rinaldo Rusotto, Don Cosimo Pirrotta, Dottor Zingarella, Filippo Mancuso, Giacomo Giliberto, Mariano Giacalone; Alessandro Pennacchio – Paolantonio Licalzi, Gegè.

La voce registrata di Sasà La Ferlita è di Sebastiano Tringali.

Scene Antonio Fiorentino; costumi Dora Argento; musiche Germano Mazzocchetti; direttore di scena Sergio Beghi; coordinatore dei servizi tecnici Giuseppe Baiamonte

produzione Teatro Biondo Palermo

Durata: 130 minuti con un intervallo

A Milano, Piccolo Teatro Strehler (largo Greppi – M2 Lanza), dal 30 gennaio al 4 febbraio 2024 (martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16)