Il calapranzi visto al Teatro Factory32

Abito gessato, bretelle bianche candide, fondina fissata sotto l’ascella. I due girano con la pistola: questo è certo. E’ l’unica cosa davvero sicura in Il Calapranzi di Pinter: i due sono dei killer, sicari a pagamento in attesa di ordini e della vittima.

Al centro della scena due letti affiancati, lenzuola candide bianche, in una stanza che ci raccontano essere senza finestre. Sul letto a sinistra Ben legge il giornale. Ad attirarlo sono le notizie di cronaca nera. Le legge anche a Gas, che le trova incredibili. Ben è il duro, solitario, hobby il legno, tutto lavoro e pistola, niente ripensamenti: questo è lavoro, niente più. Gus qualche ripensamento invece lo ha. Ripensa a quella ragazza, il loro precedente lavoro: «E’ un po’ che penso all’ultima volta. Quella ragazza. E’ stato un disastro. Mai visto un altro disastro simile». Sono stati loro: il destino non c’entra. Niente a che vedere con il destino di cui si parla nella canzone all’inizio dello spettacolo: l’aereo precipita, ma gli ultimi momenti sembrano di affettuosa consolazione nei confronti di una ragazza.

Arriva una busta: contiene 12 fiammiferi, ma il gas non funziona. Va a monete. E anche lo sciacquone non funziona. Nemmeno si può fare il tè: è un problema perché siamo a Birmingham e i riti si rispettano. E c’è il calapranzi: dall’alto scende rumorosamente un secchio con degli ordini. Ma sono ordinazioni di pranzi e sono loro a spedire su quei pochi alimenti che avevano. «Accendi l’acqua» dice Ben ed è motivo di litigio, perché Gus ci tiene a esprimersi correttamente (anche se è un killer). E questo, il loro lavoro, è l’unica cosa che sembra sicura.

Poi tutto appare ambiguo. Che cosa, chi aspettano veramente? Perché c’è un calapranzi e perché arrivano solo ordinazioni come in un ristorante?

Tutto è sul filo dell’assurdo e ambiguo. Volutamente non definito, si presta a più ipotesi. Loro sono vestiti eleganti e non hanno certo un badge identificativo. Il male è nascosto, imprevedibile e lo identifichi solo all’ultimo o forse nemmeno in quel momento. Come nemmeno puoi prevedere che cosa succederà il momento dopo. Quella canzone all’inizio lo suggerisce. Che cosa succede alla fine in Il Calapranzi?

In scena al Teatro Factory32 sono Gianluca Sollazzo e Vincenzo Paladino. I due attori sanno dare vita a due killer che vivono il loro mestiere come un lavoro qualsiasi, da eseguire in modo professionale, secondo gli ordini, senza interrogativi. Ma Gus qualche dubbio comincia ad averlo e questo non va bene. L’ultimo lavoro lo ha scosso. Incomincia a fare domande e anche questo non va bene. E sa ancora stupirsi davanti alle notizie di nera che Ben gli legge e che anche agli spettatori sembrano incredibili. Ma anche queste sembrano notizie ambigue e assurde.

La bella regia di Riccardo Italiano, attento a rendere quella patina di ambiguità voluta da Harold Pinter, riserva una piccola sorpresa al pubblico. È un tocco nuovo, inatteso, che ben si inserisce. Mette infatti delle parole inglesi e la musica all’inizio di Il Calapranzi in scena al Factory32. Sono della canzone At the Bottom of Everything, che parla del fatale tuffo di un aereo passeggeri nell’oceano e delle parole di consolazione che un uomo rivolge alla donna terrorizzata seduta accanto a lui. Terrorizzata come sicuramente lo era anche quella ragazza che si è trovata di fronte Gus: «un disastro».

I due attori, in questa messinscena, invertono i ruoli ogni sera. All’ultima replica è la sorte, attraverso il lancio di una monetina, a decidere chi interpreta Ben e chi Gus. E’ un gioco teatrale, una prova d’attore. Ma è anche una dimostrazione di come anche Gus, che sembra più dubbioso, rimane comunque un killer, intercambiabile con Ben. In particolare Gianluca Sollazzo, che per anni ha sognato di interpretare Il Calapranzi, è perfetto nel portare in scena tutta la aggressività di Ben, killer professionista convinto, cinico e senza esitazioni. Vincenzo Paladino è altrettanto perfetto nel rendere un Gus ormai meno convinto di quel che deve fare, che incomincia a nutrire dei dubbi e proprio per questo è in tensione.

Il Calapranzi è prodotto da Factory32: ancora una volta Valentina Pescetto, che dirige il teatro, porta in scena uno spettacolo certo non tradizionale, che pone interrogativi. Intrigante, anche se è ormai un gran classico. Ma c’è anche un particolare fil rouge che lega questo a un altro spettacolo andato in scena al Factory32 a fine settembre – inizi di ottobre. E’ Due addetti alle pulizie di Chiara Arrigoni. «Chi pulisce quando noi ce ne andiamo» chiede Gus. «Hanno un reparto per ogni settore» risponde Ben. «Anche gli addetti alle pulizie?» chiede ancora Gus e aggiunge «E’ stata quella ragazza che ha cominciato a farmi riflettere». Troppi pensieri. Troppe domande?

(nella foto di Alice Marelli, Gianluca Sollazzo e Vincenzo Paladino protagonisti di Il calapranzi al Teatro Factory32)

Il calapranzi

di Harold Pinter

traduzione Alessandra Serra

con Gianluca Sollazzo (Gus) e Vincenzo Paladino (Ben)

e con Vincenzo Paladino (Gus) e Gianluca Sollazzo (Ben)

regia Riccardo Italiano

foto di scena Alice Marelli

produzione fACTORy32

a Milano al Teatro Factory32 (via Watt 32) dal 14 al 16 aprile 2023 (venerdì e sabato ore 20.00 – domenica ore 16.00)