Uno sguardo dal ponte Popolizio incontra Miller

Il ponte di Brooklyn non c’è (non c’è nemmeno nel testo di Arthur Miller). E’ solo evocato in questa edizione di Uno sguardo dal ponte con la regia di Massimo Popolizio, ora a Milano, al Piccolo Teatro Strehler.

È una messinscena che vive molto su simboli, gesti, parole pronunciate facendole rimarcare con particolare forza. A narrare la storia è un testimone, l’avvocato Alfieri, che entra in scena appoggiandosi su un bastone. Siamo a Red Hook, Brooklyn, dove gli avvocati sono visti male. Lui vi è arrivato dalla Sicilia ai tempi di Al Capone (che abitava proprio in quel quartiere). Racconta la storia di Eddie Carbone, origine siciliana, che vive in un modesto appartamento con la moglie Beatrice e la nipote Catherine. Di cui appare subito geloso: la rimprovera di ancheggiare, di portare una gonna troppo corta (peraltro sotto il ginocchio). Addirittura di voler lavorare. È solo una voglia di protezione oppure?

Quando inizia il racconto, in casa stanno aspettando l’arrivo dalla Sicilia dei cugini di Beatrice, particolarmente in ansia per questo arrivo. Sono Marco con famiglia in Sicilia e il più giovane Rodolfo, immigrati clandestini quando l’ufficio immigrazione è particolarmente severo. Loro sono decisi a lavorare al porto.

Il più giovane Rodolfo a Catherine piace subito e subito la conquista, cantando sotto lo sguardo sempre più infastidito di Eddie. Gli rimprovera di essere biondo (come voluto da Arthur Miller), di cantare, ballare, saper sistemare il vestito della nipote («anche sarto»). E soprattutto volerla sposare. Deciso a impedire questo va dall’avvocato. «Non è regolare» dice di Rodolfo con un tono che parla già di tragedia. È la stessa forza che mette nella voce Catherine, quando rivolta a Rodolfo gli chiede «Stringimi forte». Ormai Catherine sente di aver paura di Eddie. E lo dice.

È una storia dal forte sapore di Sicilia, sottolineato dall’accento dei due cugini immigrati clandestini e da Eddie Carbone, a cui Massimo Popolizio dà a poco a poco un carattere sempre più siciliano. Ugualmente a rendere l’atmosfera concorrono suoni e rumori. All’inizio, come silhouettes, si vedono degli scaricatori, mentre si sente una sirena antinebbia. In seguito lascia il posto al rumore del treno. Si vede invece scendere dall’alto con tanto di scritta Phone il telefono a muro, puro reperto d’epoca, che segna il culmine del dramma.

Insieme, altri elementi, come delle sedie che permettono di immaginare i diversi ambienti, dove si muovono i protagonisti. Le sedie sono anche al centro della sfida lanciata da Marco a Eddie, quando questi, con la scusa di insegnargli la boxe, dà un pugno a Rodolfo. Marco lo invita a sollevare una sedia prendendola dalla gamba. Marco ha la forza di farlo. Eddie no.

Massimo Popolizio porta in scena Uno sguardo dal ponte togliendo qualche personaggio e alcune battute più ripetitive, che consentono di arrivare a un atto unico. Anche Arthur Miller all’inizio aveva scritto un atto solo. Era rimasto sconvolto da un fatto di cronaca, in un’epoca in cui l’immigrazione clandestina era frequente. Visto ora nel dramma si coglie anche una contrapposizione di due modi diversi di vedere la realtà. Rodolfo insieme a Catherine vede nell’arrivo in America la possibilità di un futuro. Eddie è ancorato a un malsano senso sia di virilità che di possesso: bacia con violenza Catherine, bacia Rodolfo in segno di disprezzo. La soluzione la vede nell’annientare quella voglia di futuro di Rodolfo, ma anche di Marco. In mezzo l’avvocato Alfieri, conscio di quella possibile soluzione, che però non approva (deve «assistere, impotente al corso sanguinoso degli eventi» dice all’inizio Arthur Miller).

(Nella foto, da sinistra Lorenzo Grilli, Valentina Sperlì, Massimo Popolizio, Gaja Masciale protagonisti di Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller)

Uno sguardo dal ponte

di Arthur Miller

traduzione Masolino D’Amico

regia Massimo Popolizio.

Con Massimo Popolizio, Valentina Sperlì, Michele Nani, Raffaele Esposito, Lorenzo Grilli, Gaja Masciale, Felice Montervino, Marco Maravacchio, Gabriele Brunelli, Marco Parlà.

Scene Marco Rossi, costumi Gianluca Sbicca, luci Gianni Pollini, suono Alessandro Saviozzi.

Produzione Compagnia Umberto Orsini, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale

Durata: 90 minuti senza intervallo.

A Milano, Piccolo Teatro Strehler (largo Greppi – M2 Lanza), dal 9 al 21 maggio 2023. Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16. Platea 33 euro, balconata 26 euro.