E anche l’Odeon chiude. Cinema addio. Nel panorama dei locali – quelli che ormai nessuno chiama più cinematografi – molto, tutto è cambiato. E parliamo soprattutto di Milano.
Andando a zonzo tra i ricordi (cartacei, personali o di famiglia) affiorano molti nomi. Il President aveva le poltrone più belle, comode più di quelle di casa (rischio sonno), ma verso la fine del film si sentiva il chiacchiericcio degli spettatori che aspettavano di entrare alla proiezione successiva. Si andava al cinema alle 22:30, poi con l’austerity gli orari sono cambiati. I ragazzini bigiavano al Meravigli. I cinema avevano nomi poetici (il Meravigli prendeva però il nome dalla via). Si chiamavano Eden, Piccolo Eden, Astra, Apollo, Aurora, Eolo, Zenit, Mignon, Excelsior, Abanella, Corallo, Pasquirolo, Rubino, Orchidea. Questi ultimi erano cinema d’essai e faceva f… (pardon, snob) andarci. Altri prendevano il nome dalla via (Manzoni e Corso) o avevano nomi molto altisonanti, come Ariston, Ambasciatori, Capitol, Metropol, Arti, Mediolanum, Roma e l’Angelicum aveva solo proiezioni in inglese. Non andateli a cercare: sono tutti chiusi.
C’era la prima visione, il proseguimento di prima, la seconda visione, la terza visione con, in alcuni casi, possibilità di vedere due film con un solo biglietto. Si entrava anche a film iniziato, per poi recuperare la storia con la proiezione successiva. Capitava di passare anche tutto il pomeriggio al cinema, rivedendo lo stesso film due volte. Si sceglieva il posto entrando, magari accompagnati dalla maschera con la pila. Alcuni cinema avevano il guardaroba. Film particolarmente di successo si vedevano anche seduti sui gradini.
I film stavano in programmazione per più mesi. Così ti capitava di andare al cinema con il nuovo fidanzatino e scoprire che lui aveva visto lo stesso film qualche mese prima con un’altra. Anche i piccoli paesi di vacanza – villeggiatura come si chiamava allora e ricorda anche Goldoni (epoche diverse, naturalmente) – avevano un cinema. Programmazione quotidiana e, se pioveva, il cinema si riempiva anche il pomeriggio.
Il 13 febbraio 1983 il cinema Statuto a Torino bruciò durante la proiezione del film La capra. 64 morti: molti perché avevano trovato le uscite di sicurezza chiuse per impedire l’ingresso di portoghesi, allora molto frequente. E si scoprì che i cinema non avevano regole di sicurezza.
Il 14 maggio 1983 anche il cinema Eros a Milano bruciò. 6 morti (compreso un soccorritore). Già dal 1975 nei cinema non si poteva più fumare, ma questi due incendi non erano dovuti a spettatori distratti. Cortocircuito al cinema Statuto. Incendio appiccato volutamente all’Eros, perché questo era un cinema a luci rosse. E proprio per questo il ricordo si è perso negli anni, fino a qualche mese fa, quando è uscito un podcast in più puntate, che ha ricordato l’attentato e le vittime.
Il cinema era una scelta estemporanea. Ci si incontrava tra amici e si decideva quale film andare a vedere. Ora devi programmare prima, acquistare il biglietto online. Sperare di arrivare in tempo per quella proiezione oppure comprare il biglietto sul totem digitando titoli e orario giusti. Tutti hanno dei posti preferiti, spesso i laterali (diversamente dal teatro, dove i posti centrali sono obiettivamente i migliori, soprattutto se il teatro è a gradinate). Invece ora, anche a sala vuota o quasi, ti impongono di stare accanto alla compagnia di cinque spettatori, armata di pop-corn e WhatsApp. Perché? Perché così si fa più in fretta la pulizia (risposta ricevuta).
Anche il pubblico è cambiato. Alla proiezione di L’uccello dalle piume di cristallo alla scena clou sentivi qualche urlo di paura. Le donne non si azzardavano ad andare al cinema da sole (ai lettori intuire il motivo). Al punto che Ciak aveva fatto una inchiesta proprio su questo tema. Ma in questo caso per fortuna si parla di molti anni fa.
Un tempo molti uscivano dal cinema e accendevano una sigaretta. Ora tutti escono dal cinema e accendono il cellulare. Ma non escono più dai cinema di corso Vittorio Emanuele, perché questi hanno chiuso. L’ultimo annuncio riguarda appunto l’Odeon. Molti sono diventati negozi, di altri si è perso addirittura il ricordo.
Ora vi sono alcune multisale decentrate: alcune anche con molte sale, cresciute nei tempi in proporzione alle chiusure di altri. Qualche altro è in zona centrale, come Eliseo e Centrale, in via Torino a dimensione multisale, l’Arlecchino è diventato cineteca. Il Beltrade, decentrato appunto, è monosala ed è stato il primo a riaprire dopo il lockdown da Covid (un centinaio spettatori in fila alle 6 del mattino). Riproponendo dunque quelle file che a settembre, vari anni prima, si formavano davanti ai cinema in attesa di vedere i film di Venezia in lingua originale (Panoramica – Le vie del Cinema). E anche i biglietti erano collezionabili con foto di attori o di film. Tradizione durata a lungo, fino all’annuncio della eliminazione delle file bulgare (così letteralmente chiamate). Scelte dei film non più estemporanee, ma programmate con anticipo su computer e non più commenti con sconosciuti sui film già visti o sulle attese.
Ricordi sparsi, senza ordine cronologico, legati anche a epoche diverse. Suscitati dall’annuncio dell’ennesima chiusura di un cinema. Ma è importante che almeno qualche ricordo rimanga per chi li ha vissuti o ne ha sentito parlare. Per gli altri può essere una scoperta interessante. Insieme vale la pena chiedersi che cosa ha portato cambiamenti così forti. Motivi economici, certamente, hanno portato a decretare il cinema addio. Accantonando l’attenzione al pubblico. Ma c’è chi non lo ha dimenticato. E forse l’Odeon, in futuro, riaprirà qualche sala.
Intanto poniamoci qualche interrogativo. Siamo sicuri che un film è meglio vederlo in casa da soli o con famiglia o pochi amici? Interrompendo la visione quando arriva un WhatsApp, una telefonata o chiamano dall’altra stanza? Siamo sicuri che è meglio vederlo sullo schermo di casa, sia pure grande, ma certo non come quello di un cinema? O addirittura su smartphone o tablet? E con l’audio, anche in questo caso potenziato, ma non da cinema? Siamo sicuri che rintanarsi in casa – quello che lamentavamo durante pandemia e relativi lockdown – è proprio meglio che uscire nel mondo? Forse vale la pena di provare a rispondere a queste domande e magari fare qualche prova. Naturalmente non significa sostituire il piacere del teatro con il cinema: sono due esperienze differenti. Due emozioni differenti.
(Nella foto di Valeria Prina, il Cinema Zara. Ma è un falso, perché in occasione della riapertura del negozio di corso Vittorio Emanuele nel settembre 2018 era stato un modo per ricordare la via del cinema e la sala di cui, per rimanere in tema, anni prima aveva preso il posto. Il Cinema Metro Astra, con il prestigioso lampadario al centro)