Come tremano le cose… novità di Liv Ferracchiati

All’origine è Il Gabbiano di Cechov. Ma con Come tremano le cose riflesse nell’acqua Liv Ferracchiati ha scelto di portare in scena al Piccolo Teatro Studio Melato non la versione classica e invece coglierne alcuni temi fondamentali. Uno è il desiderio di affermarsi, sia in una relazione amorosa, di qualsiasi tipo, che da un punto di vista professionale. In questo caso il lavoro di attore. È un desiderio di riconoscimento che va regolarmente deluso. Da questo deriva anche la solitudine.

Ugualmente forte è il tema del rapporto madre-figlio. Emerge in modo evidente nel terzo atto scritto da Cechov, quando Kostja chiede alla madre di rifargli la bendatura, dimostrando così quel desiderio di cura forte nel figlio. È un momento che Liv Ferracchiati ha sentito particolarmente importante, al punto da portarlo in scena più volte. Questa madre, apparentemente sicura, ha invece una grande fragilità, al punto che non riesce ad avere rapporti con il figlio e perde il suo uomo, che forse non ha avuto mai veramente. Lo dice Laura Marinoni, sottolineando che il lavoro di attrice per lei è centrale nella sua vita come per il suo personaggio. Così dice di sentire il personaggio della Madre (Arkadina per Cechov) costruito su se stessa.

A plasmare lo spettacolo sugli attori ha concorso anche una scelta fatta da Liv Ferracchiati. Infatti da una prima stesura del testo alla messinscena di questa nuova produzione del Piccolo ci sono state alcune sezioni di prove. Da settembre a oggi hanno permesso a Liv di cogliere particolarità e similitudini degli attori con i personaggi, potendo così plasmare lo spettacolo sugli artisti stessi. È una operazione che a loro è piaciuta molto – c’è chi lo definisce genio – e ha portato a un risultato ottimale per il regista. Che ha scelto di sostituire il nome dato ai personaggi da Cechov con quello del loro ruolo, proprio quello che appare all’inizio del testo originale, dopo i nomi dei personaggi. Unica a conservare il nome originale datole da Cechov è Nina. Petra Valentini definisce il suo personaggio un’attrice che non sa se vuole immergersi in questo mondo.

La compagnia affianca attori già affermati a teatro e amati dal pubblico a esordienti. È il caso di Cristian Zandonella, neodiplomato alla Paolo Grassi, che ha convinto Liv Ferracchiati al punto da affidargli il ruolo del Maestro, originariamente pensato per se stesso.

Il lago che è sullo sfondo per Cechov è qui più che mai presente, reso vivo dalle proiezioni. Non solo: è «Un lago-placenta – spiega Ferracchiati – da cui è difficile staccarsi, perché separarsi dall’origine significa esistere con le proprie forze, senza mutuare ragioni negli sguardi altrui». Così l’acqua torna nel titolo. Come tremano le cose riflesse nell’acqua è una citazione dal racconto di David Foster Wallace, Caro vecchio neon, che allude a quella tremula evanescenza che disgrega le cose, agli occhi del protagonista, nell’istante precedente il suicidio, inteso proprio come atto di resa di fronte all’impossibilità di essere autenticamente se stessi. E’ una resa che c’è anche nel figlio, quando alla fine capisce che quel teatro innovativo che vorrebbe riconosciuto, in antitesi a quello classico della madre, se venisse accettato perderebbe lo spirito innovativo. Ed ecco il finale…

Rimane comunque un senso ironico, come Cechov auspicava, stupendosi di come invece i suoi lavori venissero recitati in chiave drammatica.

Con Ibsen, che era stato all’origine del lavoro Hedda Gabler come una pistola carica, andato in scena la scorsa stagione, dice Liv Ferracchiati, «non vorrei prendere un aperitivo, perché è inquietante. Con Cechov ci unisce il piacere di fare teatro». Lo sente come un amico, dopo averne letto anche le lettere, aiutato da Fausto Malcovati nella comprensione di quelle finora non tradotte. Ha così scoperto che čajka, presente come sottotitolo nel suo spettacolo, significa «gabbiano», ma nella lingua originale russa è femminile. Le interpretazioni a questo punto si moltiplicano.

(Nella foto di Masiar Pasquali, da sinistra Laura Marinoni e Giovanni Cannata, Madre e Figlio, protagonisti di Come tremano le cose riflesse nell’acqua, il nuovo spettacolo di Liv Ferracchiati)

Come tremano le cose riflesse nell’acqua

(čajka)

uno spettacolo di Liv Ferracchiati

liberamente ispirato a Il gabbiano di Anton Čechov

regia Liv Ferracchiati

con (in ordine alfabetico) Giovanni Cannata (Kostja, il Figlio, uno che prova a influenzare la realtà con la scrittura); Roberto Latini (Trigorin, il Romanziere, uno a cui piace pescare, ma deve scrivere); Laura Marinoni (Arkadina, la Madre, una grande attrice forse in declino); Nicola Pannelli (Sorin, lo Zio, uno che voleva essere, ma non è stato); Marco Quaglia (Dorn, il Dottore, uno sazio della vita); Camilla Semino Favro (Maša, la Vicina, una che porta prugne e il lutto per la sua vita); Petra Valentini (Nina, una che vuole fare l’attrice o la rivoluzione); Cristian Zandonella Medvedenko, il Maestro, uno a cui tocca camminare).

Scene Giuseppe Stellato; costumi Gianluca Sbicca, luci Emiliano Austeri, suoni spallarossa, video Alessandro Papa, consulenza letteraria Fausto Malcovati

foto di scena Masiar Pasquali

Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa (prima assoluta)

Durata 2 ore e 20 minuti senza intervallo

A Milano, Piccolo Teatro Studio (via Rivoli, 6 – M2 Lanza) dal 27 gennaio al 25 febbraio 2024 (martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16)

Il programma Oltre la scena prevede diversi appuntamenti a corollario