Fabio Troiano dà vita a Il Dio bambino | Recensione

Al centro c’è l’amore. Ma Il Dio bambino con Fabio Troiano è anche la storia di una evoluzione. Del protagonista. Con Fabio Troiano sentimenti e stati d’animo prendono vita in scena, sul palcoscenico del Piccolo Teatro Grassi: lui riesce a farli vivere agli spettatori mentre racconta. Alti e bassi di questa storia d’amore, momenti di gelosia anche immotivati, insofferenze, desideri di fuggire, ma anche cancellare tutto per ricominciare, come se fosse tutto nuovo: sono tanti i sentimenti che si trasmettono agli spettatori. E anche di più.

Insieme, emergono infantilismo e immaturità del protagonista, intellettuale pieno di fragilità, sempre pronto a scrivere un libro che però sembra non arrivare mai. Da ragazzino si rende conto dell’importanza dell’incontro tra uomo e donna, ma non sembra che a queste parole segua una crescita durante gli anni. Così questo è anche il racconto di un lui fermo a uno stadio infantile, mentre le donne, anche dalle sue parole, appaiono, come sempre, più mature. Sicuramente più concrete («le donne hanno perso il senso dell’attesa»), meno disposte a lasciarsi incantare da sguardi penetranti e parole colte (parole come epistemologia non ottengono gli effetti sperati).

Sentimenti, stati d’animo Fabio Troiano li fa vivere con un sottile senso ironico, che provocano nel pubblico, non direttamente coinvolto, sorrisi e risate. Ma sono anche racconti di avvenimenti molto diversi tra loro. C’è l’erotismo dell’amplesso con Cristiana, vissuto sul fondo di una piscina con un filo d’acqua. C’è lo sguardo disincantato di fronte alla vita in campagna, dove dai racconti emergono pipistrelli invadenti, fantasmi che camminano sui tetti e un gran freddo. Ed è un racconto che suscita molta ilarità tra gli spettatori. Molto diverso da quello finale, quando viviamo un parto nella casa di campagna, isolata, senza un medico, ma con solo lui che deve far nascere il secondo figlio. Ed è allora che anche lui cresce.

Regista dello spettacolo è Giorgio Gallione, che racconta «ho iniziato a esplorare l’universo Gaber nel 2007 e da allora mi muovo in quel territorio con grande felicità». Ha scelto una ambientazione in grado di far emergere le parole in una scena caotica, con un fondale argentato che crolla al momento giusto. La messinscena è anche il racconto dell’evoluzione del lavoro di Giorgio Gaber che, dopo le canzoni che lo hanno reso famoso, dopo il teatro-canzone che ha tracciato una strada, con Sandro Luporini ha iniziato a scrivere per il teatro, puntando a evocare avvenimenti e sentimenti. Così nello spettacolo sentimenti, eventi si mixano ad alcuni momenti di canzoni in sottofondo. Lo spettacolo diventa occasione per scoprire che un attore solo sul palco può convincere che intorno c’è un mondo che vive, agisce, sogna, immagina, spera. Con lui anche gli spettatori. Immaginare con Fabio Troiano diventa davvero fantastico.

Il Dio bambino

testo e musiche di Giorgio Gaber e Sandro Luporini

con Fabio Troiano

regia Giorgio Gallione

scene e costumi Lorenza Gioberti; disegno luci Aldo Mantovani; foto e video Likeabee

produzione Nidodiragno/CMC

con il contributo di Comune di Barletta/Teatro Curci in collaborazione con Fondazione Giorgio Gaber e Teatro Pubblico Pugliese

andato in scena a Milano al Piccolo Teatro Grassi, 8 giugno 2022

Sarà al Teatro Carcano a Milano dal 13 al 16 aprile 2023