Il barone rampante visto al Teatro Grassi

È uno spettacolo pieno di atmosfere, a cui concorrono tanti elementi. Il barone rampante al Piccolo Teatro Grassi è l’adattamento per il teatro del famoso romanzo di Italo Calvino, che intreccia fantasia, ironia, elementi storici reali con temi ancora oggi attuali. Particolare è anche lo stile, con Biagio, il fratello del protagonista che ricorda e racconta gli avvenimenti che ha vissuto o che gli sono stati raccontati dal fratello, intrecciati a qualche dialogo. Ed è proprio tutto questo che prende vita anche sul palcoscenico.

L’inizio è in un ambiente bianco, con l’attenzione tutta concentrata sulla tavola. Attorno a questa sta pranzando la famiglia, ma quando in tavola arrivano le lumache Cosimo si rifiuta di mangiarle. Spinge a tal punto la ribellione da dire che andrà a vivere sugli alberi. Quando Biagio dice «e mantenne la parola» la scena cambia.

Cosimo è su una struttura a scalini appesa in alto, che il pubblico non fatica a interpretare come il ramo di un albero. Siamo all’aperto, così lo scorrere del tempo, le vicissitudini climatiche sono evocate attraverso la luce. La scena molto luminosa lascia il posto al buio della notte o al ticchettio della pioggia. Fino al rosso che domina la scena, quando il bosco prende fuoco, tra il crepitio delle fiamme. Siamo all’inizio della seconda parte e Cosimo ha ormai una coscienza quasi ambientalista quando capisce che bisogna evitare il rischio di altri incendi. Bisogna costruire delle riserve d’acqua.

Biagio continua ad aiutare il fratello rimanendo a terra. Ci sono altri personaggi che instaurano dei rapporti con Cosimo. C’è Gian dei Brughi, famoso bandito, che però cerca libri come antidoto alla noia nella grotta dove è costretto a vivere. Quando viene catturato, Cosimo gli passa i libri attraverso le sbarre. Fino al momento dell’impiccagione quando rimane appeso in una scena molto realistica.

In Il barone rampante c’è la voglia di continuare a sentirsi non condizionato e libero di esprimersi: ecco Cosimo divertirsi con le bolle di sapone. E c’è Viola, che lui incontra da ragazzino e rimane il grande amore della sua vita. Attraverso il racconto di lei emerge anche la condizione della donna, perché per essere libera da imposizioni familiari ha accettato di sposarsi. L’ha fatto con un uomo molto anziano ed è rimasta vedova un anno dopo, ormai libera da condizionamenti. È il grande amore per Cosimo, che però perde per orgoglio, incomprensioni, risentimenti, fino al rimpianto.

Se la vita sugli alberi è piena di attenzioni per gli altri, voglia di cultura, di amore, a terra sono i pettegolezzi ad animare i personaggi. Che sembrano invecchiare molto di più di Cosimo (almeno fino a quando non perde l’amore).

È una messinscena che vive anche di particolari. Che raccontano un’epoca attraverso i costumi e le parrucche. Ricordano quella dimensione avventurosa, che coinvolge il barone rampante grazie all’incontro con i pirati. Che inducono a non dimenticare che quanto si racconta è lontano dalla realtà: la recitazione un po’ forzata ci allontana proprio da questa ipotesi. Sottolineano la diversa mentalità tra Cosimo e la sua famiglia, con il primo che si muove agilmente tra gli alberi e gli altri che sono su un meccanismo che ricorda i cavalli. Ed è una messinscena che gioca anche sull’utilizzo degli spazi teatrali. Perché oltre alle strutture sospese per evocare gli alberi, il fondale su cui scorrono altre figure, anche il lato destro della galleria è utilizzato. Da qui la madre si rivolge a Cosimo.

Fantasia dunque, che la scenografia alimenta con il bell’uso della luce e con gli elementi sospesi, su cui Cosimo si muove agilmente. Rischi ridotti: un cavo ne garantisce la sicurezza ed è lui stesso a garantirla agli altri, agganciandoli prontamente, quando salgono sugli alberi. Tutto lo spettacolo ha così una dimensione magica. Ma questa si interseca con elementi reali, perché siamo in epoca rivoluzione francese. Biagio incontra Voltaire ed è a lui che spiega la visione di Cosimo: innalzarsi per vedere meglio quanto avviene a terra. E quando a 65 anni tutto sembra finito, gli appare inevitabile innalzarsi ancora di più. Come? È la scena finale, che conferma l’atmosfera magica, ricca di fantasia di tutto lo spettacolo. Che però si intreccia con considerazioni sempre rilevanti, come il ruolo della cultura per vivere meglio, l’importanza di sfuggire ai condizionamenti. E ancora, l’attenzione alla natura come elemento vitale, l’amore da non dimenticare.

Il barone rampante nella versione teatrale studiata da Riccardo Frati incanta come un grande spettacolo. Ed è una delle dimensioni che si chiedono al teatro per raccontare storie, porre interrogativi, suscitare considerazioni.

(Nella foto di Masiar Pasquali, da sinistra, Mauro Avogadro, Diana Manea, Michele Dell’Utri, Marina Occhionero, Giovanni Battaglia nella scena studiata da Riccardo Frati per portare a teatro Il barone rampante, il romanzo di Italo Calvino, nel centenario dell’autore).

Il barone rampante

di Italo Calvino, adattamento e regia Riccardo Frati

con (in ordine alfabetico) Mauro Avogadro, Giovanni Battaglia, Nicola Bortolotti, Michele Dell’Utri, Diana Manea, Marina Occhionero, Francesco Santagada.

Scene Guia Buzzi, costumi Gianluca Sbicca, disegno luci Luigi Biondi, composizione musicale e sound design Davide Fasulo, animazioni Davide Abbate

produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

foto di scena Masiar Pasquali

a Milano al Piccolo Teatro Grassi (via Rovello 2 – M1 Cordusio), dal 20 gennaio al 5 febbraio 2022.

Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30 (salvo mercoledì 1 e venerdì 3 febbraio, ore 15 e 20.30); domenica, ore 16. Prezzi: platea 40 euro, balconata 32 euro